2. Chi ben comincia è a metà dell’opera.
Rieccoci a parlare di shooting. Questa volta vorrei affrontare un argomento “scomodo” che troppo spesso viene sottovalutato o addirittura ignorato: la progettazione, cioè il primo importantissimo passo verso un risultato di qualità.
Ogni volta che si decide di costruire un set, e prima ancora di iniziare ad organizzarlo, bisognerebbe pianificare minuziosamente ciò che si vuole ottenere. Tanto per capirci, dobbiamo pensare nei dettagli al “cosa” vogliamo realizzare e solo dopo ci preoccuperemo del “come” riuscirci. Non fa differenza se si tratta di un progetto personale o di un lavoro su commissione: se non avremo le idee più che chiare su quello che dovrà essere il risultato finale non riusciremo a spiegarlo ai nostri collaboratori (stylist, hair-stylist, make-up artist, assistenti, ecc…) che, a loro volta, non avranno modo di prepararsi adeguatamente, non potremo scegliere la location adatta, lasceremo i modelli spiazzati e senza una guida e, ancora peggio, inevitabilmente ci troveremo a scattare “a caso” (cioè senza un criterio) quello che ci troviamo davanti all’obbiettivo.
Non fraintendetemi: una buona dose di estro artistico estemporaneo è, e sarà, sempre necessaria, ma non possiamo appoggiare l’intero shooting sull’ispirazione del momento a cui, non dimentichiamo, è già affidato quel “qualcosa in più” che deve rendere geniali o, se preferite, speciali le nostre foto.
Detto così potrebbe sembrare un concetto un po’ fumoso ma, nella maggio parte dei casi, è sufficiente porsi qualche domanda. Ma quante? Io vado avanti finchè non mi sento soddisfatto e sicuro di aver tutto chiaro in testa. E soprattutto quali? Con un esempio sarà tutto più chiaro: qualche tempo fa ho dovuto realizzare alcune foto su una “Cleopatra dei giorni nostri”. Una donna bellissima e combattuta che decide ti togliersi la vita e, forse inconsapevolmente, rivive in chiave moderna gli ultimi gesti della sua antenata… un po’ come dire: sembra cambiato tutto ma non è cambiato niente. Dunque: “Come rendere l’idea di fondo?”, “Come realizzare il parallelismo tra i due personaggi?”, “Come raccontare la storia?”, “Quali emozioni devono suscitare le foto?”, “Come rendere il travaglio emotivo di questa donna?”, “La protagonista passa le ultime ore di vita coccolandosi e attraversando in solitudine il suo turbamento: come dovrà essere la post-produzione?”, ecc…
Tutte queste domande (e altre ancora) costituiscono la fase di progettazione e le relative risposte saranno il cardine che terrà insieme tutte le parti dello shooting. Ecco perché a volte scrivo anche delle note, da rileggere sul set o in fase di post-produzione, che mi aiutino a non dimenticare niente e a non divagare troppo… ma questa è un’altra storia.
Per chi se lo stesse chiedendo: NO, progettare così minuziosamente un set non compromette necessariamente la spontaneità degli scatti e per dimostrarvelo vi citerò un aneddoto che questa volta non riguarda me bensì un fotografo dalla caratura molto maggiore. Sapevate che il famoso scatto del grande maestro Henri Cartier-Bresson, in cui si vede una coppia di fidanzati che si baciano in una strada di Parigi, non è affatto stato “rubato”, come si potrebbe pensare, ma è invece stato costruito minuziosamente perché desse quell’effetto!?
Quindi vi chiedo: se lo ha fatto lui, chi siamo noi per dire che sbagliava?! 🙂
Ottaviano Moraca – 8-stopsPhotos
P.S. Magari nella prossima puntata vi racconterò gli “inconvenienti” che possono capitare quando si vuole fotografare una modella che fa il bagno nel latte (Foto_1)… perchè quell’effetto NON è realizzato con Photoshop!!! 🙂